Panchina con vista sull'Havel

Particolarmente bello in inverno.

Se ne sta lì come se non fosse mai stata da nessun'altra parte: questa panchina con vista sull'Havel. Di fattura rozza, forse un po' storta, ma salda come un vecchio amico. Il suo schienale non è un mobile, ma un invito silenzioso: siediti. Vieni a riposare. Guarda fuori.Davanti a lei si stende l'acqua, in quell'argento languido che solo l'Havel domina – un fiume più silenzioso di quanto parli. Le case sull'altra riva sembrano lontane e vicine allo stesso tempo, come ricordi di una vita quasi vissuta. E sopra tutto, il cielo, a volte aperto, a volte chiuso, come se non fosse ancora pronto a decidere se trattenere il giorno o lasciarlo passare.Chi si siede qui esce dal tempo. I pensieri rallentano, il cuore si placa. Si sente il fruscio nell'erba, il vento tra gli alberi e a volte il lontano battito di una pagaia. E improvvisamente c'è qualcosa di simile alla pace – non la grande, definitiva pace, ma la piccola, preziosa pace di mezzo.Questa panchina non dice nulla. Lei ascolta.