Con il secondo numero di NfO ti portiamo a scoprire il cuore dell’Italia centrale, raccontando uno di quei viaggi in cui ti rendi subito conto di peccare in preparazione e di aver fatto male i conti con l’attrezzatura. È un racconto di quel tipo di avventura che si rivelerà una delle migliori esperienze della vita – ma soltanto dopo il rientro a casa. Spero che la storia ti piaccia!
Catherine
Editor – Notes from Outside
"Buonasera, siamo un gruppo di cinque ciclisti affamati. Vorremmo prenotare un tavolo per le dieci. Avete posto?"
Matteo ha appena chiamato un ristorante a Civitaquana, un piccolo paese nel cuore dell'Italia centrale. È il primo giorno della nostra avventura in bikepacking in Abruzzo, un anello attraverso le zone più remote degli Appennini: 442 chilometri con oltre 8.700 metri di dislivello positivo da percorrere in quattro giorni. Sono le otto di una serata di inizio settembre e mancano ancora 30 chilometri alla nostra destinazione. Al tramonto imbocchiamo l'ultima discesa della giornata, dopo aver spinto le nostre bici per sette chilometri su un sentiero estremamente ripido e roccioso. La ricompensa per lo sforzo? La splendida Rocca Calascio nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
"Ci aspettano, ma la cucina chiude alle nove e mezza. Quindi dovremo accontentarci di quello che c’è",
annuncia Matteo al resto del gruppo.
Una settimana fa ho deciso di unirmi ad Andrea, Matteo e Jason dei Rolling Dreamers per un viaggio in bikepacking seguendo il Wolf's Lair, una traccia creata dal duo di appassionati di avventure estreme in bicicletta Montanus. Enrico è il quinto ciclista del gruppo. Conosco Andrea e Matteo da anni, ma questo è il nostro primo viaggio in bici insieme. Ho accettato l’invito senza esitazione – con il senno di poi mi definirei ingenuo e un po’ incosciente. Mi stavo allenando da mesi per il mio primo evento di bikepacking e ho pensato che questo sarebbe stato il modo perfetto per imparare qualche trucco su come legare al meglio le borse al telaio, cosa metterci dentro e come affrontare gli imprevisti dell’avventura in bici. In più non vedevo l’ora di pedalare con il gruppo.
Accendo le luci sul manubrio e sul casco e inizio la discesa. In lontananza si sentono campanacci e ululati non meglio identificati. Ci siamo appena lasciati alle spalle uno spettacolare doubletrack sotto un cielo carico di luci calde e il percorso si addentra nel bosco. L’aria sa di terra e resina. Le luci posteriori dei miei compagni mi indicano la traccia, ma presto mi rendo conto che non c'è una linea ideale. Stiamo pedalando su rocce, radici e tornanti. Mi fanno male le mani. Anzi mi fa male tutto, eppure mi diverto. Sarà per i copertoni da 50 mm o per il fatto che nei tratti in discesa riesco a ridurre lo spazio che mi separa dai miei compagni. Una discesa off-road può fare la differenza sulla tabella di marcia, soprattutto quando passaggi molto tecnici ti costringono ad andare piano. Non ho controllato l’itinerario prima della partenza: volevo iniziare la mia prima avventura in bikepacking senza preoccuparmi troppo delle difficoltà del percorso. Tuttavia, se avessi dato uno sguardo alla traccia, avrei capito che questa parte sarebbe stata molto impegnativa – sia fisicamente sia mentalmente.
Esausti, arriviamo finalmente a destinazione. Siamo più in ritardo del previsto, ma il proprietario ci ha aspettato. La cena è servita velocemente: ravioli fatti in casa, arrosticini e formaggio alla griglia – alla faccia del doversi accontentare di quello che è rimasto.
Il secondo giorno inizia nel modo peggiore. Al primo colpo di pedale sento un dolore lancinante al ginocchio destro. Il gruppo mi motiva a non mollare e gli antidolorifici fanno la loro parte. Ma è una vera agonia. Una pioggia torrenziale peggiora ulteriormente le cose e sulla lunga salita di Passo San Leonardo mi trascino (letteralmente) in cima, dove i miei amici mi stanno pazientemente aspettando. Sono fradicio. Andrea mi ricorda di cambiare il base layer. Imparo subito che è fondamentale metterne uno di ricambio in borsa. Il piano iniziale era di campeggiare, ma dopo la pioggia che ci siamo presi, decidiamo di affittare una stanza. Il mio morale è sottoterra: è stato il giorno più duro che abbia mai trascorso in bici e mancano ancora 230 chilometri al traguardo.
Parte del mio piano è apprendere l’ABC del bikepacking, su tutto imparare cosa mettere in borsa. Mi bastano poche ore gomito a gomito con pro bikepacker come i miei compagni di viaggio, per capire che a) sto trasportando cose che non mi servono, b) ho dimenticato cose che mi servono, c) ho preparato male le borse. Saper organizzare il necessaire nelle borse significa risparmiare tempo ad ogni ripartenza e me ne rendo conto già la seconda mattina. Riorganizzare le borse e tutta l'attrezzatura da pioggia richiede un'eternità. Ma il sole splende e il morale è alto: il dolore al ginocchio è magicamente scomparso. Lasciamo Pacentro dopo cappuccino (2 a testa) e brioche (2 a testa) e ci dirigiamo verso il Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise.
Da qui in poi l'Abruzzo si mostra in tutta la sua bellezza selvaggia. Stupendi doubletrack si snodano attraverso paesaggi vasti e aspri. A differenza delle Alpi, le vallate sono più aperte e le cime meno appuntite, ma non per questo meno spettacolari. Stiamo attraversando un magnifico altopiano: oltre a noi solo pecore e pastori con i loro cani. Incuranti del rumore dei nostri pneumatici che solcano lo sterrato, i cani ci lasciano passare per le loro terre.
Un magnifico tratto di salita e discesa su sterrato ci conduce al Rifugio Lo Scoiattolo in cima al Passo Godi, famosa località sciistica dell'Appennino abruzzese. Dopo un lauto pranzo a base di tagliatelle fatte in casa, siamo nuovamente in sella.
Al primo impatto l’entroterra dell'Abruzzo potrebbe sembrare inospitale. I pochi paesini sono collegati da strade tortuose e bisogna affrontare grandi dislivelli per raggiungere la città successiva. Tra un insediamento urbano e l’altro c’è solo natura selvaggia. In altre parole, è necessario pianificare bene le scorte di cibo e acqua: una delle regole d'oro del bikepacking – che sto imparando sulla mia pelle.
L’asprezza dei paesaggi di questa regione si dimentica rapidamente non appena si raggiunge uno dei piccoli villaggi di montagna e si entra in contatto con la gente locale. Quando arriviamo a Terranera, un paesino di 127 abitanti nel Parco Regionale Sirente-Velino, è il primo pomeriggio di una calda giornata di settembre. Stiamo cercando un posto dove mangiare e in fretta attiriamo l'attenzione di un gruppo di persone sedute all'ombra di un albero. "L'unico alimentari del paese riapre nel tardo pomeriggio", dice uno di loro. Notando la nostra faccia visibilmente delusa, aggiunge: "Conosco la proprietaria, è mia madre. Fatemi sentire cosa può fare per voi."
Qualche minuto dopo, sentiamo una serranda aprirsi: una donna anziana appare sulla soglia e ci porge un sacchetto con dei panini.
Dopo aver sbranato il miglior panino con caciocavallo della nostra vita, affrontiamo gli ultimi 45 chilometri della nostra avventura. La parte più dura è già alle nostre spalle e dopo alcuni saliscendi, ci godiamo una lunga e veloce discesa verso L'Aquila. Negli ultimi chilometri di asfalto mi sembra di volare, le gambe vanno alla grande e più ci avviciniamo al traguardo, più sento i brividi. Raggiungiamo il nostro furgone e accosto. Stoppo il navigatore e scoppio a piangere. Sono lacrime di gioia. È stato il miglior viaggio della mia vita in una regione sorprendente. È la consapevolezza di quanto sia bello condividere un’avventura in bici con amici. È liberazione dal dolore e dal timore che non ce l'avrei fatta. Quando sono partito quattro giorni fa, sapevo che ritirarsi poteva essere un'opzione. Ma con un po’ di motivazione e l’aiuto dei miei compagni ho completato la mia prima grande avventura di bikepacking. E sono sicuro che non sarà l’ultima.
Di Andrea Fossati
Andrea si trasferisce a Berlino nel 2013 e lì si innamora del ciclismo. Guidare una bici stracarica su strade nuove è ciò che chiama avventura. "Aggiungici le montagne, un gruppo di amici e ottimo cibo e tutto questo diventa una delle cose più gratificanti che puoi fare nella tua vita", dice Andrea.