Sasso di San Donnino”, comprensivo di fonte, è conosciuto perché oggetto di grande devozione a San Donnino di Città di Castello, o San Donino, come è chiamato dai fedeli del luogo. Un cospicuo numero di santi con questo nome sono conosciuti, a cominciare da San Donnino di Fidenza, poi un vescovo di Digione ed uno di Grenoble con il medesimo nome, due martiri greci, uno dei quali di Tessalonica, un santo abate irlandese morto poco dopo il 600 come il nostro Donnino (morto nel 610), ed altri di minore importanza. Gli studiosi di San Donnino di Città di Castello attingono le notizie normalmente dalla Leggenda antica tifernate (2) e da un manoscritto di Alessandro Certini (3). Da questi documenti si desume che Donnino era compagno degli illustri santi castellani Florido ed Amanzio e che dopo il decesso di Amanzio, Donnino,
“dispregiando la frequenza degli uomini, et ogni mondana vanità, si iniziò a far vita eremitica e solitaria in una grotta d’una montuosa selva d’un luogo detto Robbiano (…) dove visse molto tempo in grand’austerità di vita nutricandosi di pomi selvaggi e d’erbe, occupandosi nella orazione e nelle continue contemplazioni…” (4).
L’eremita, però, fu scoperto da alcuni campagnoli intenti a raccogliere ghiande, i quali ne divulgarono la presenza, tanto che, da quel momento tanta gente accorse a lui. Donnino, per difendere la sua solitudine, fu costretto a patteggiare con i suoi visitatori, accettando sì, il loro aiuto nella costruzione di un “tugurio” per potervi abitare, ma a patto di ricevere soltanto una o due persone ogni sabato, accettando da loro anche qualcosa da mangiare. Solo così egli poté continuare a vivere per il resto degli anni la sua vita di preghiera e di penitenza. La tradizione attesta in vari modi che la gente, tuttavia, accorreva numerosa a far visita al santo soprattutto per le sue qualità taumaturgiche.
Il dibattito fra gli storici per identificare il “luogo detto Robbiano”, non è ancora concluso (5), ma l’ipotesi più plausibile è che il detto “tugurio”, non sia stato presso il nostro “Sasso”, ma nelle immediate vicinanze del primitivo luogo ove si trovava la Pieve di Santa Maria del Monte Rubbiano. Il luogo primitivo della detta pieve è stato riconosciuto da Angelo Tafi in un casolare fatiscente appartenuto alla famiglia Gnagnetti, in Val di Pierle a circa tre km da Mercatale; lì si trovava l’antica pieve, che fin dal VII secolo era in Diocesi di Città di Castello e nel 1325, con la costituzione della Diocesi di Cortona, passò a detta Diocesi (6). Va detto che, dopo il VII secolo in epoca imprecisata, detta pieve fu trasferita in luogo più elevato a circa 800 metri di distanza da lì, dove oggi si trova la Chiesa di S. Maria della Croce, e che dopo il trasferimento e fino al 29 gennaio 1781 si chiamava Pieve di S. Maria e S. Donnino7. Vicinissimo al casolare Gnagnetti si trova ancora oggi la “fonte” a cui, secondo gli storici, è legata la vita e l’attività taumaturgica di San Donnino, e nelle cui vicinanze vi sarebbe stata la “grotta” o “tugurio” in cui abitava il santo eremita.
Da non confondere con la fonte situata presso il Sasso di San Donnino. Noi, infatti, ci stiamo occupando del sito denominato “Sasso di San Donnino”, distinto dai luoghi ora descritti, situato soltanto a qualche km di distanza da essi, ma in Diocesi di Città di Castello, anche attualmente. Il sito non è attestato da alcun documento; la frequentazione del santo eremita presso il “Sasso” è attestata, invece, da una consolidata tradizione popolare, che gli storici tendono a non prendere in considerazione. Non è facile, in effetti, districare il secolare problema relativo alla residenza di San Donnino, forse in certa misura inquinato da evidenti campanilismi. Da una signora che ha sempre abitato nei pressi del “Sasso” e che vuol mantenere l’anonimato, ho raccolto una consistente parte di questa tradizione popolare. Secondo la sua “fonte orale”, San Donnino di Città di Castello sarebbe originario della Romagna (evidente contaminazione della tradizione che riguarda San Donnino di Fidenza), sarebbe approdato nei pressi dell’antica Pieve di Rubbiano e in un secondo momento, a causa delle troppe visite dei fedeli, si sarebbe trasferito al “Sasso” per vivere più in isolamento. Negli ultimi anni della sua vita, ormai malato e vicino alla morte, il Vescovo di Città di Castello sarebbe venuto a prenderlo dandogli una sistemazione più comoda, onde terminare i suoi giorni (quest’ultima aggiunta intende logicamente giustificare l’assenza della sepoltura presso la località il “Sasso” (8). Di fatto una pia tradizione lega San Donnino al “Sasso” ed è riportata per scritto da don Alfonso Marchesini:
“si dice che S. Donnino spesse volte si fosse recato a far preghiera ed ivi abbia operato diversi miracoli. A conferma di ciò sta che i fedeli malati di reni vanno ad appoggiarsi a quel sasso e guariscono. I bambini malati portati in questo luogo dopo pochi giorni guariscono..." (9).