È molto probabile che i greci di Focea e di Elea (Velia) abbiano percorso tutto il territorio dell'odierno Comune di Ceraso nel salire alle Terre Rosse e al passo Beta.
E non è da escludere che alcuni di essi, alla ricerca di buon legname per alimentare il cantiere navale di Velia, si fossero fermati, e poi trattenuti, sull'ampio terrazzo di fiume (fiume Palisco = montano, oggi Palistro) alla cui foce era il porto settentrionale di Velia. Località che apparve loro assai ridente, vista dall'alto delle Tempe, ricca com'era di piante di ciliegio del genere prunus. Un terrazzo circondato da annose piante d'alto fusto.
Certamente vi si trattennero quando la località divenne un importante nodo viario. Vi giungeva, infatti, la via fluviale, la via lungo il Palistro; passava a poca distanza da quel luogo, la via per le Terre Rosse; di là partiva la comoda via che per le odierne Coste delle monache portava al passo Alfa (Cannalonga) e di là nel Vallo di Diano.
Comunque è certo che nell'Alto Medioevo l'abitato nel luogo doveva essere particolarmente fiorente se nei documenti antichi veniva indicato per ubicare abitati vicini.
Una pergamena del 6 maggio 1149 di papa Eugenio III riconosce all'abbazia di Cava il cenobio di Santa Barbara “ubi Cerasus dicitur”, (dove si chiama Ceraso). Notizia confermata da un'altra di pochi anni dopo di papa Alessandro II nel gennaio 1168.
L'abitato s'ingrandì anche per la sua felice posizione geografica, al centro degli abitati che dovevano poi costruire le sue frazioni in età napoleonica, quando il paese venne scelto come capoluogo del Comune. Importante centro agricolo, per i suoi fertilissimi terreni alluvionali, il paese continuò via via a svilupparsi, realizzando in questi ultimi anni un singolare incremento edilizio. Ciò è stato determinato dalle migliorate condizioni economiche della popolazione che hanno consentito non solo la ristrutturazione delle vecchie case, dotandole di utili presidi moderni, quanto ha permesso la costruzione di nuovi alloggi, soprattutto monofamiliari.