Fino alla metà del ‘900, in Val Tramontina, esistevano tre piccoli villaggi abitati da poche persone, le cui famiglie vivevano in quei luoghi da generazioni: Movada, Fleur e Redona Vecchia. Ma agli inizi degli anni ’50, per alimentare il grande complesso produttivo di Torviscosa, il gruppo SAICI (Società Anonima Agricola Industriale per la produzione italiana della Cellulosa) fece costruire la centrale di Meduno e la diga di Ponte Racli. L’acqua del fiume Meduna, respinta dalla nuova costruzione, inondò parte della valle, formando l’attuale bacino artificiale di Redona (o Lago di Tramonti) e inghiottendo i tre paesini che si trovavano sulla sua strada. Essi furono sommersi e quindi abbandonati, e di lì a poco i nomi scomparvero dalle carte geografiche. Alcuni degli abitanti trovarono nuova dimora a Redona Nuova, più moderna, sorta ai margini del lago; altri approfittarono della magra liquidazione per trasferirsi in città. Dei vecchi villaggi, rimasero solo i ruderi sommersi.
Ogni tanto, tuttavia, nei periodo di particolare secca, questi fantasmi di pietra riemergono, regalando uno spettacolo incredibile, affascinante quanto inquietante. Nonostante siano trascorsi decenni, e nonostante la forza impetuosa del Meduna, sembra che nemmeno l’acqua possa cancellare la storia della minuscola comunità. La loro storia, e in particolare quella di Movada, viene portata avanti dalla famiglia Miniutti, originaria del posto, e in particolare di Giacomo Miniutti, che, basandosi sui racconti dei nonni e non solo, ha scritto il libro “Guardaci nel Peggio“.
Secondo una leggenda locale vi è un ulteriore motivo per visitare quel che resta del Borgo di Movada. Le storie di paese narrano che il vecchio prete, Don Basilio, nato nel 1898 proprio a Movada, vaghi ancora tra i resti delle costruzioni per difendere il borgo dall’erosione, preservandone la storia. Contro di lui però tramerebbe una strega malvagia, ansiosa di cancellare per sempre ogni ricordo del paese per punire i suoi abitanti del sostegno offerto a Don Basilio.